Questa storia inizia qua, davanti ad un falò, molto indietro nel tempo. Un giorno nefasto, senza alcuna vera luce, senza bagliore.

Due fratelli, seduti uno accanto all'altro, guardavano la loro piccola capanna bruciare. Il loro sangue era scandinavo e ribolliva per il torto subito, ma alla violenza spesso non c'è rimedio . Entrambi si chiedevano "chi è stato?" "perchè dare fuoco alla casa di chi non ha nulla?". Per loro fortuna, spesso e volentieri la fame li coglieva e durante il malcapitato incidente, si dedicavano alla caccia alla renna. Poco saporita ma sicuramente più nutriente di una piccola lepre.

Quello spettacolo al loro ritorno era quasi ipnotico, tutto ciò che avevano era andato in fumo in un'istante. Non avevano lacrime, non avevano disperazione, non avevano nulla da regalare al fuoco. Fu così che due fratelli partirono a piedi da molto a nord e arrivarono molto a sud. Entrambi stabilirono la loro dimora a Palermo e dopo alcuni anni di vita sedentaria iniziarono a sentirla propria. La città era alquanto desolata, forse quello li aveva attratti, la pace e la tranquillità, un nuovo posto dove insediarsi. Al governo si trovava da molto tempo una Regina, il suo nome era Morgana Chiaromonte. L'ordine pubblico veniva tenuto da Roberto Tignosi, Federico Vitaliani e Tancredi Chiaromonte, quest'ultimo braccio destro e vassallo diretto della Regina.

Erano poche le persone affidabili in città in quei tempi e quell'accento chiaramente non del luogo non aiutava. I due uomini decisero di farsi chiamare con nuovi nomi, nacque il cognome Proselite e formarono una potente Famiglia. La legge gli stava sempre stretta, ma non avevano altro modo per opporvisi se non attendere, rafforzarsi e trovare la via giusta.

Tempo, e ancora tempo, molti anni passarono e in questo tempo molti amici con le loro stesse idee gli si erano avvicinati. Fra loro si erano messi in mostra in particolare Ippolito Tornabuoni, Daniel D'Angiò, Hrodgaer Wettin e Sibilla Donati. Chiusi nelle loro povere capanne di Palermo, mentre Hrodgaer arrostiva dell'ottima selvaggina, parlavano delle loro aspirazioni, del non accontentarsi di quello che li circondava, sentivano covargli dentro una fiamma che divampava e che aveva bisogno di prendere vita.

Dopo aver lautamente cenato, mentre gli altri sdraiati al suolo guadavano le stelle, Sibilla prese del ferro, del carbone e del legno ancora troppo verde e in un angolo iniziò a lavorare, alla fine erano a casa sua, dove con la sua fucina plasmava il metallo al suo volere. Il legno fin troppo scoppiettante attirò l'attenzione di tutti, perchè darsi così da fare a quell'ora tarda?

Deste Dormolo Proselite, interessato alla donna, fece qualche passo per raggiungerla. Era fin troppo impegnata, il tintinnio delle martellate, forti e solide copriva ogni rumore. Hrodgaer, anch'esso fabbro, conosceva come attirare l'attenzione da chi era preso dalla frenesia del fuoco e del metallo, ma decise di non intromettersi. Fu così che aspettarono fino al momento in cui lei smettesse, osservando lo spettacolo di scintille che andavano in ogni dove.

Una volta terminato Daniel la interrogò: "E quindi? Cosa hai forgiato per noi?"

Sibilla subito rispose: "Questa è la prima arma che forgerò, a queste ne seguiranno tante, lo sapete il perchè!"

Deste intromettendosi: "Vogliamo farlo quindi? Oggi nasce la Rivoluzione, non serve certo essere nobili per diventare cavalieri"

Tutti si guardarono divertiti con il sorriso sulle labbra, stavano dando forma a quello che fino a quel momento era stato solo un sentimento reciproco.

Ippolito, aveva modi di fare davvero garbati, ma la sua lingua poteva essere più tagliente di una lama, allo stesso modo sapeva rabbonire e istigare i suoi interlocutori a secondo della loro simpatia o antipatia. Aveva piena fiducia di tutte le persone in quella Capanna, gli unici con i quali spesso, senza neanche parlarsi, ci si intendeva come se si ragionasse all'unisono. Quelle sensazioni oramai erano proprie, di tutti.
Ippolito fù il primo a Palermo a cimentarsi con i distillati e produceva insieme al fratello minore Bastiano, dell'ottimo brandy di more oltre a vino di qualità superiore, frutto della campagna di Sicilia, terra nella quale erano nati da genitori Fiorentini. Entrambi i fratelli si riconoscevano perfettamente nello stemma di famiglia che rappresentava un leone rampante, orientando quindi la loro esistenza al conseguimento del successo. Entrambi dedicavano parte della giornata ad assistere il fratello più piccolo, Giovanni il quale era in balia del suo cagionevole stato di salute.

 

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Daniel d'Angiò

Sibilla Donati

Cesare Proselite

 

Circospetti, quasi dovessero aver paura, trasportavano il metallo necessario per costruire armi ed armature. Nessuno doveva saperlo, nessuno doveva neanche immaginare che presto la Sicilia avrebbe tinto le proprie strade notturne con i colori delle fiaccole. Eh si, proprio così, nessun forcone era accettabile per quell'impresa, avendo i fabbri di Palermo, esperti artigiani e forgiatori, al servizio della causa, la Rivoluzione!

Incappucciati, che triste destino avrebbe detto qualcuno, di questo sparlava il popolino sottovoce nelle strade di Palermo, strani individui che ammantati nella notte si aggiravano in modo furtivo e guardingo. I più scaramantici immaginavano ombre, demoni e forze della natura che giravano per le strade di notte con loschi fini. Sempre più si vedevano per le strade persone che giravano trasportando con se oggetti scaramantici d'ogni sorta.

Eppure c'era chi era felice di quest'atmosfera, per chi preparava la Ribellione era un'ottima copertura a cui far finta di partecipare. Far parlare la gente veniva facile disquisendo di spiriti e demoni, sempre più persone insofferenti dello status quo vennero arruolate nelle fila di coloro che usavano il cappuccio.

Fra di loro, uno prese la storia fin troppo sul serio, lo chiamavano Scuro di Notte perchè passava le giornate a mascherarsi per spaventare i sempre più spaventati palermitani. Intorno a lui girava sempre una fanciulla, il suo nome era Fiammetta Prades-cabrera.

Altre persone si erano aggiunte, Roncato Polli, Cleonice Jones, Massimiliano d'Angiò e Oswald Tancredi.

Giorno dopo giorno le cose erano sempre più complicate a Palermo e la chiesa Teologica, quella con sede a Roma, aveva iniziato a preoccuparsi della situazione inviando un giovane chierico ad indagare sui fatti. La paura e la presenza del Demonio erano i motivi per i quali Andrea Malatesta avrebbe dovuto indagare e stendere un rapporto una volta scoperto cosa stesse succedendo a Palermo.

 

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Scuro di Notte

Fiammetta Prades-cabrera

Roncato Polli

Cleonice Jones

Oswald Tancredi

Andrea Malatesta

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Regno di Sicilia era davvero Grande e comprendeva anche l'isola di Malta, fu proprio da li che altri consensi giunsero a supportare quello che era nato piano e sommesso e che sempre più serpeggiava nell'aria.

Due giovani di stirpe normanna, Ruggero Guarna e Alessia Comneco volevano che le cose cambiassero e che quel Regno così spento vivesse di nuovo. Erano parecchio esperti nell'usare le armi entrambi e Ruggero in particolare si era fatto una certa fama.

Oltre a loro una vedova era giunta dalle Fiandre, distrutta dal dolore per la perdita del marito fiammingo aveva trovato nella causa un nuovo impeto di vita. Avrebbe messo tutto ciò che le rimaneva in questa impresa, lei era Bianca Chiaramonte.

Spesso si parlava degli incappucciati, ma un uomo era troppo scaltro e poco superstizio per credere a simili storielle. Faceva il tessitore di professione e scrutava tutto ciò che succedeva, ogni reazione di ogni suo cliente per capire, quello gli interessava davvero, capire che stesse Accadendo intorno a se. Il suo nome era Ippolito Tornabuoni.

Silenziosamente, questo era il suo modo, non era solito far capire le sue intenzioni ma era uomo di fatti. Fu così che Lorenzo d'Angiò si unì al movimento rivoluzionario.

 

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Bianca Chiaramonte

Ruggero Guarna

Alessia Comneco

Ippolito della Rovere

Lorenzo d'Angiò

 

 

 

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Morgana Chiaramonte

Tancredi Chiaramonte

Roberto Tignosi

Federico Vitaliani

 

 

Le campane suonano a Roma!

La Sicilia aveva dichiarato ostilità alla Repubblica Romana! Una rivolta era scoppiata a Palermo. Da lontano voci raccontavano che i siciliani erano stufi della propria regina. Non sopportavano gli accordi che la reggenza aveva preso con Urbino, si vociferava che si fosse accordata per l'annessione della Sicilia al Regno Italico, non sentendo più la Sicilia sotto il suo controllo, il suo popolo non la sorreggeva più come un tempo, la situazione diventava sempre più tesa. La goccia che fece traboccare il vaso, nacque in terra nacque nel Regno di Venezia, il Re Giovanni Soranzo e il Cardinale Prometeo Cagliostro ebbero una furibonda discussione con alcuni Siciliani, una disputa sullo sfruttamento delle risorse locali veneziane, da li partì l'esilio di due personaggi molto famosi a Palermo, e benvoluti da tutti: Deste Dormolo Proselite e sua moglie Sibilla Donati.

Nel giro di poche ore, come fiamma spinta dal vento in una selva secca, tutti i cittadini di Palermo scesero in piazza. Civili, armati di forconi, di mazze e di pietre, si radunarono sotto il palazzo reale. La Regina Morgana Chiaramonte, radunò la sua guardia reale ed ordinò di aprire i cancelli della sede reale e di disperdere la folla. Fu un massacro, una strage, i cavalieri della regina guidati dalla regina stessa, annegarono la rivolta nel sangue lasciando il popolo malconcio e vicino alla morte.

I siciliani erano a terra, morenti, senza alcuna possibilità di riprendersi, presto agonizzanti sarebbero morti lì dov'erano, come animali al macello. La provvidenza però aveva sempre una strada misteriosa, li vicino, con un carretto, il buon Massimiliano d'Angiò aveva appena fatto una consegna di fertilizzante per il campo di un ricco coltivatore locale. Era un esperto del luogo, poco conosciuto visto spesso doveva trasportare quel fetido carico. La regina Morgana, considerando di aver fatto pulizia, ordinò ai soldati di caricare i morenti sul carretto puzzolente, la loro fine doveva essere terribile, un'agonia.

Massimiliano era un brav'uomo, spronò i buoi e si diresse fuori città, in cuor suo non aveva mai sopportato la regina, per l'ennesima volta era stato trattato come l'ultimo di Palermo, l'uomo che trasportava il letame. Ad uno ad uno scaricò tutti, una fatica immane per un solo uomo. La sua passione era lo studio delle erbe medicinali, quella era la sua prova, ritornò correndo in città, nel suo studo tirò fuori un libro antico che parlava di erbe medicamentose e con mortaio e pestello preparò impacchi e elisir per tutti. Un miracolo forse, ma dopo circa una settimana tutti erano sopravvissuti e le ferite iniziavano a rimarginarsi. Colmi di gratitudine tutti i siciliani lo ringraziavano e ai loro occhi lui non era più il caccaro, era colui che li aveva salvati tutti da morte certa.

Palmerino Caracciolo, vescovo di Roma, saputo della rivolta finita nel sangue, si segnò e rivolse gli occhi al cielo bisbigliando:"Morgana, cosa mai ti è successo? Tu che sei sempre stata il simbolo della tua terra, che hai amato il tuo popolo più di te stessa, oggi ti schieri contro i siciliani, uccidi i civili con le tue stesse mani e tutto solo per mantenere la reggenza, il tuo potere, le tue ricchezze? Cosa ti è accaduto, non è da te!" Proprio in quel momento un frate si avvicinò titubante e passò una lettera a Palmerino.

Il frate, rivolgendosi a Palmerino sempre più ottenebrato disse: "Il Regno di Sicilia ci ha voltato le spalle, fratello caro. Ha dichiarato l'ostilità nei nostri confronti". Un brivido li attanagliava entrambi. Ecco la risposta. Ecco il demonio che agisce plagiando gli uomini e le donne deboli di spirito. Il Regno d'Italia c'era dietro tutto questo sangue versato. La Regina di Sicilia aveva accettato la sottomissione sua e del suo popolo, pur di mantenere saldo il suo dominio sulle sue terre. Il Vescovo pensò a Siena, a Genova, a Milano, alla Sardegna, a Firenze. Tutti regni che uno dopo l'altro avevano accettato di sottomettersi al giogo di Urbino, capitale del Regno d'Italia, Oddantonio Montefeltro, Re d'Italia, aveva fatto la sua comparsa anche lì. Un tempo regni gloriosi, oggi erano lande desolate, povere ed abitate solo da pochi cittadini, la paura serpeggiava e si accompagnava al senso di appartenenza di chi comandava sugli altri. Era questo dunque il destino della Sicilia? Sarebbe diventato l'ennesimo vassallo di Urbino? Si fermò, cercò di concentrarsi sulla sua missione, subito gli vennero in mente le povere genti palermitane, sottomesse dalla guardia reale con la violenza. Le donne, i vecchi, i giovani mutilati. Richiamò il frate che poco prima si era accomiatato e gli diede il compito di inviare un dispaccio a Palermo. Il Monastero di Corsica, Roma stessa avrebbe ospitato i sopravvissuti. erano pronti a ricevere i feriti della rivolta per dar loro le cure necessarie. Purtroppo i frati non avrebbero potuto recarsi personalmente in Sicilia a causa della nuova relazione ostile che li metteva in chiaro ed evidente pericolo, ma avrebbero fatto il possibile per aiutare i bisognosi. Certo sarebbe stato il compito della reggenza quello di occuparsi delle proprie genti, ma era evidente ormai che Morgana aveva deciso di percorrere un'altra strada, quella del male, guidata dal demonio. I siciliani che si erano salvati sopravvissero grazie agli intrugli del buon Massimiliano d'Angiò ed arrivati nella terra della Repubblica Romana Teologica ricevettero le migiori cure.

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