Le campane suonano a Roma!

La Sicilia aveva dichiarato ostilità alla Repubblica Romana! Una rivolta era scoppiata a Palermo. Da lontano voci raccontavano che i siciliani erano stufi della propria regina. Non sopportavano gli accordi che la reggenza aveva preso con Urbino, si vociferava che si fosse accordata per l'annessione della Sicilia al Regno Italico, non sentendo più la Sicilia sotto il suo controllo, il suo popolo non la sorreggeva più come un tempo, la situazione diventava sempre più tesa. La goccia che fece traboccare il vaso, nacque in terra nacque nel Regno di Venezia, il Re Giovanni Soranzo e il Cardinale Prometeo Cagliostro ebbero una furibonda discussione con alcuni Siciliani, una disputa sullo sfruttamento delle risorse locali veneziane, da li partì l'esilio di due personaggi molto famosi a Palermo, e benvoluti da tutti: Deste Dormolo Proselite e sua moglie Sibilla Donati.

Nel giro di poche ore, come fiamma spinta dal vento in una selva secca, tutti i cittadini di Palermo scesero in piazza. Civili, armati di forconi, di mazze e di pietre, si radunarono sotto il palazzo reale. La Regina Morgana Chiaramonte, radunò la sua guardia reale ed ordinò di aprire i cancelli della sede reale e di disperdere la folla. Fu un massacro, una strage, i cavalieri della regina guidati dalla regina stessa, annegarono la rivolta nel sangue lasciando il popolo malconcio e vicino alla morte.

I siciliani erano a terra, morenti, senza alcuna possibilità di riprendersi, presto agonizzanti sarebbero morti lì dov'erano, come animali al macello. La provvidenza però aveva sempre una strada misteriosa, li vicino, con un carretto, il buon Massimiliano d'Angiò aveva appena fatto una consegna di fertilizzante per il campo di un ricco coltivatore locale. Era un esperto del luogo, poco conosciuto visto spesso doveva trasportare quel fetido carico. La regina Morgana, considerando di aver fatto pulizia, ordinò ai soldati di caricare i morenti sul carretto puzzolente, la loro fine doveva essere terribile, un'agonia.

Massimiliano era un brav'uomo, spronò i buoi e si diresse fuori città, in cuor suo non aveva mai sopportato la regina, per l'ennesima volta era stato trattato come l'ultimo di Palermo, l'uomo che trasportava il letame. Ad uno ad uno scaricò tutti, una fatica immane per un solo uomo. La sua passione era lo studio delle erbe medicinali, quella era la sua prova, ritornò correndo in città, nel suo studo tirò fuori un libro antico che parlava di erbe medicamentose e con mortaio e pestello preparò impacchi e elisir per tutti. Un miracolo forse, ma dopo circa una settimana tutti erano sopravvissuti e le ferite iniziavano a rimarginarsi. Colmi di gratitudine tutti i siciliani lo ringraziavano e ai loro occhi lui non era più il caccaro, era colui che li aveva salvati tutti da morte certa.

Palmerino Caracciolo, vescovo di Roma, saputo della rivolta finita nel sangue, si segnò e rivolse gli occhi al cielo bisbigliando:"Morgana, cosa mai ti è successo? Tu che sei sempre stata il simbolo della tua terra, che hai amato il tuo popolo più di te stessa, oggi ti schieri contro i siciliani, uccidi i civili con le tue stesse mani e tutto solo per mantenere la reggenza, il tuo potere, le tue ricchezze? Cosa ti è accaduto, non è da te!" Proprio in quel momento un frate si avvicinò titubante e passò una lettera a Palmerino.

Il frate, rivolgendosi a Palmerino sempre più ottenebrato disse: "Il Regno di Sicilia ci ha voltato le spalle, fratello caro. Ha dichiarato l'ostilità nei nostri confronti". Un brivido li attanagliava entrambi. Ecco la risposta. Ecco il demonio che agisce plagiando gli uomini e le donne deboli di spirito. Il Regno d'Italia c'era dietro tutto questo sangue versato. La Regina di Sicilia aveva accettato la sottomissione sua e del suo popolo, pur di mantenere saldo il suo dominio sulle sue terre. Il Vescovo pensò a Siena, a Genova, a Milano, alla Sardegna, a Firenze. Tutti regni che uno dopo l'altro avevano accettato di sottomettersi al giogo di Urbino, capitale del Regno d'Italia, Oddantonio Montefeltro, Re d'Italia, aveva fatto la sua comparsa anche lì. Un tempo regni gloriosi, oggi erano lande desolate, povere ed abitate solo da pochi cittadini, la paura serpeggiava e si accompagnava al senso di appartenenza di chi comandava sugli altri. Era questo dunque il destino della Sicilia? Sarebbe diventato l'ennesimo vassallo di Urbino? Si fermò, cercò di concentrarsi sulla sua missione, subito gli vennero in mente le povere genti palermitane, sottomesse dalla guardia reale con la violenza. Le donne, i vecchi, i giovani mutilati. Richiamò il frate che poco prima si era accomiatato e gli diede il compito di inviare un dispaccio a Palermo. Il Monastero di Corsica, Roma stessa avrebbe ospitato i sopravvissuti. erano pronti a ricevere i feriti della rivolta per dar loro le cure necessarie. Purtroppo i frati non avrebbero potuto recarsi personalmente in Sicilia a causa della nuova relazione ostile che li metteva in chiaro ed evidente pericolo, ma avrebbero fatto il possibile per aiutare i bisognosi. Certo sarebbe stato il compito della reggenza quello di occuparsi delle proprie genti, ma era evidente ormai che Morgana aveva deciso di percorrere un'altra strada, quella del male, guidata dal demonio. I siciliani che si erano salvati sopravvissero grazie agli intrugli del buon Massimiliano d'Angiò ed arrivati nella terra della Repubblica Romana Teologica ricevettero le migiori cure.

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